OBBLIGO DI INDICAZIONE DELLA PROVENIENZA DEL LATTE E DEI PRODOTTI LATTIERO – CASEARI
La nuova normativa sull’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima utilizzata per la produzione del latte e dei prodotti lattiero-caseari (come ad esempio latte UHT, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini), recata dal decreto ministeriale 9 dicembre 2016, è entrata in vigore il 20 aprile 2017.
Si tratta di un decreto emanato in conseguenza del Regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
L’obbligo si applica al latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale.
Obbligo ridotto di informazione
Il regolamento detta, tra l’altro, due fondamentali principi:
- ad eccezione di alcune categorie di alimenti per le quali esiste una normativa specifica (ad esempio miele, olio di oliva, carni bovine, caprine, suine e di pollame, pesce, uova), la regola generale è la facoltatività dell’indicazione in etichetta del paese di origine o del luogo di provenienza di un alimento;
- l’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza diventa invece obbligatoria nel caso in cui l’omissione possa indurre in errore il consumatore.
Il nuovo decreto, quindi, riguarda latte a lunga conservazione e latticini e prevede l’indicazione del Paese di mungitura, seguito dal Paese di condizionamento (cioè quello dove viene fatto il trattamento termico, per il latte a lunga conservazione), o in alternativa il Paese di trasformazione (per latticini e altri prodotti).
Il decreto prevede due deroghe:
- La prima si applica agli alimenti registrati in UE come Dop e Igp, nonché a quelli oggetto di certificazione biologica.
- La seconda riguarda i prodotti alimentari legittimamente realizzati in UE, SEE (Spazio economico europeo) e in Turchia.
Ne deriva che, ad esempio, non si potrà pretendere l’indicazione d’origine del latte su uno yogurt prodotto in Grecia, né su un formaggio Cheddar prodotto in Inghilterra.
Cosa va scritto sull’etichetta
Il decreto ministeriale stabilisce, in particolare, che:
– l’indicazione in etichetta dell’origine dei prodotti (siano questi utilizzati come ingredienti o venduti come “prodotti finiti”) possa essere effettuata con l’utilizzo delle diciture “Paese di mungitura” e “Paese di condizionamento o di trasformazione”;
– qualora le operazioni di mungitura, condizionamento o trasformazione siano effettuate in uno stesso paese, l’etichetta può recare la sola indicazione “origine del latte” seguita dal nome del paese.
Il decreto propone inoltre esempi di formulazione dell’etichetta laddove le operazioni di mungitura e di trasformazione avvengano nel territorio di più Stati: a tal proposito, è disposto che è possibile utilizzare l’indicazione “latte di Paesi UE”, per il luogo di mungitura, e “latte condizionato o trasformato in Paesi UE” per il luogo di condizionamento o trasformazione; se, tuttavia, queste operazioni, o talune di esse, siano effettuate in Paesi situati al di fuori dell’Unione europea, si possono utilizzare le diciture “latte di Paesi non UE” per il luogo di mungitura e “latte condizionato o trasformato in Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento o di trasformazione.
Cosa occorre etichettare e cosa no
COSA VA ETICHETTATO E COSA NO |
PRODOTTI NON INCLUSI NELL’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL DECRETO |
Prodotti DOP e IGP, Prodotti biologici, Latte fresco disciplinato ai sensi del decreto interministeriale del Ministero delle attività produttive e del Ministero delle politiche agricole e forestali del 27 maggio 2004 |
PRODOTTI PREIMBALLATI CUI SI APPLICANO GLI OBBLIGHI PREVISTI DAL DECRETO |
Latte (vaccino, bufalino, ovi-caprino, d’asina e di altra origine animale) e prodotti lattiero-caseari. |
Latte e crema di latte, non concentrati né addizionati con zuccheri o altri edulcoranti. |
Latte e crema di latte, concentrati o con aggiunta di zuccheri o di altri edulcoranti. |
Latticello, latte e crema coagulata, yogurt, kefir ed altri tipi di latte e creme fermentate o acidificate, sia concentrate che addizionate di zucchero o di altri edulcoranti aromatizzate o con l’aggiunta di frutta o di cacao. |
Siero di latte, anche concentrato o addizionato di zucchero o di altri edulcoranti; prodotti costituiti di componenti naturali del latte, anche addizionati di zucchero o di altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove. |
Burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere spalmabili. |
Formaggi, latticini e cagliate. |
Latte sterilizzato a lunga conservazione. |
Latte UHT a lunga conservazione. |
È anche previsto che le norme sull’origine della materia prima non si applichino ai prodotti legittimamente fabbricati o commercializzati in altri Stati membri dell’UE o in Paesi extra UE: poiché, ad esempio, in Germania e in Austria non vige un obbligo di etichettatura come quello disposto in Italia, il latte e gli alimenti lattiero-caseari prodotti e/o commercializzati in questi Paesi possono essere anche immessi sul mercato italiano, senza l’indicazione del Paese di mungitura né del Paese di condizionamento o trasformazione.
Il “buco delle cagliate”
Il decreto aumenta senza dubbio la trasparenza, ma tralascia un aspetto fondamentale, di particolare interesse per i consumatori di formaggi freschi a pasta filata come la mozzarella. E non solo.
Viene infatti trascurato l’argomento delle cagliate, a tutt’oggi importate in enormi quantità da paesi del Nord ed Est Europa per produrre formaggi italiani.
Le norme vigenti – secondo l’interpretazione finora offerta dalla magistratura e dagli organi di controllo – non prevedono l’obbligo di inserire le cagliate nella lista degli ingredienti. Il consumatore, perciò, non sa se le cagliate congelate sono utilizzate nella produzione di mozzarella o altri formaggi.
Nella circolare 24 febbraio 2017 firmata dai Ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda si esclude l’obbligo di indicare l’origine delle cagliate.
Delimitando sia l’indicazione in etichetta, sia i doveri d’informazione nei rapporti “B2B” (business-to-business), all’origine del solo ingrediente “latte” (ma non di altri ingredienti, come la cagliata stessa, che potrebbe perciò venire indicata in etichetta senza citare l’origine).
Inoltre, il “Paese di trasformazione del latte” può coincidere con il “Paese di origine del prodotto finito”. Cioè quello dove è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale non del latte, ma del prodotto.
In altre parole il caseificio può utilizzare le cagliate estere per preparare il formaggio e indicare che la trasformazione è avvenuta in Italia, omettendo di comunicare che il latte è stato lavorato altrove per produrre la cagliata.
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